Specificità linguistico-espressiva della poesia di Marinella Cossu
a cura di Francesca Luzzio

La poesia di Marinella Cossu si caratterizza soprattutto nelle prime raccolte per un procedimento analogico-comparativo, attraverso cui viene metaforizzata l’essenza ispiratrice. Come è stato sottolineato nel volume Poeti italiani scelti di livello Europeo (2012) di fatto è da rilevare “…una componente di rilievo che qualifica il suo stile, ed è l’immediato accostamento della vibrante sensibilità del sentimento con le indicazioni dell’oggetto rappresentato nella sua più o meno evidente realtà…”.
L’ermetica proposizione di emozioni, sentimenti, situazioni trova in genere nella natura e nei suoi elementi lo strumento della sua relativa espressione, quasi a creare un panismo psicologico-emotivo che umanizza la natura, rendendola complice del sentire della poetessa: “Rimaniamo qui / in silenzio / come l’erba buona. // Si è quietato il tempo / … / veglia il noce / … / sorride il cotogno / … “ (In giardino, dalla silloge Bellariva apparsa in “Alcyone 200 – Quaderni di poesia e di studi letterari”, n° 3, 2011). Nella citata lirica, come in altre della stessa raccolta, la poetessa adopera con libertà dispositiva versi brevi, in genere settenari, ottonari o quinari; pochi sono i versi di lunghezza maggiore, poche le rime, spesso create da epifore: “E tutto è a posto / e ogni cosa è a posto / e ogni foglia di viola è a posto / …, poche le assonanze, anche tra versi distanti fra di loro o nei versi conclusivi delle strofe, come nella suddetta poesia dove l’assonanza “o…o” conclude la seconda e la terza quartina: 2… / in un intimo riposo; … / sorride il cotogno”. La musicalità affidata al ritmo dei versi, rende comunque gradevole la lettura, a prescindere dall’oscurità semantica di alcuni di essi che, come afferma opportunamente il celebre poeta e saggista americano Ezra Pound a proposito del suo poema Cantos, “non condizionano l’apprezzamento dell’estasi che ne nasce e che determina il fluire del canto”.
Ad ulteriore esemplificazione di quanto suddetto, particolarmente significativa è la lirica Raccontami l’inverno, che fa parte della raccolta L’anima lo sa del 2006, dove non solo agli elementi della natura, ma anche ad entità astratte vengono attribuite azioni, creando espressioni alquanto esemplificative dello stile della poetessa, così l’azzurro, metonimia di cielo, aleggiava, mentre la fierezza nereggiava e il grano volava. A proposito di tali testi Romano Battaglia ha scritto: “In questo libro, carico di colpi di scena e ben strutturato, c’è una parte che riguarda una realtà che non poteva essere dimenticata… Un profondo attaccamento al luogo in cui la scrittrice è vissuta e dove le acque tranquille dell’Isonzo, dopo aver attraversato la verde vallata e i villaggi sereni adagiati sulle sue sponde, incontrano i venti di terra che si scontrano con quelli turbinosi di mare.”
Il testo di cui sopra è composto da tre quartine caratterizzate dal contrasto ambientale: esterno, interno, esterno, a cui risponde un rimando stagionale: autunno, inverno, primavera. Dall’azzurro aleggiante e dalla fierezza che nereggiava dappertutto / come la terra, ambiente che ci fa pensare ai campi arati, visti in una serena giornata autunnale, si passa nella seconda strofa all’interno di una casa, in una stanza dove vicino al camino qualcuno “Sedeva riscaldando i piedi con le mani / e le gambe / risplendevano di luci biancastre / tracce di madreperla. //” e, alla fine, si ritorna fuori, là dove “Al mattino / volava il grano / grumi di luce / e di tepore”.
Rilevanti sono altresì il paragone della fierezza con il nereggiare dei campi, quasi a sottolinearne l’austerità, l’analogia delle gambe illuminate da fuoco con le tracce di madreperla e infine particolarmente pregno di significazioni simboliche appare quel volare del grano che sembra alludere metaforicamente al suo muoversi al vento e nello stesso tempo sia alla velocità con cui la vista percepisce nel passaggio veloce delle nubi sprazzi (“grumi”) di luce, che emanano dal giallo grano-sole, sia alla gradevole sensazione tattile di tepore che proviene dal tiepido vento. Insomma sottotraccia c’è tutto un sinergico procedimento per sinestesia ed analogia che descrive appieno le caratteristiche estetiche di molta produzione poetica di Marinella Cossu.
Nelle sillogi Celesti geometrie e Il tuo nome (pubblicate rispettivamente nei numeri 4 e 5 di “Alcyone 2000 – Quaderni di poesia e studi letterari”) l’amore celeste o terrestre che sia è l’argomento prevalente e anche in esse stilisticamente si possono rilevare caratteristiche ed aspetti già evidenziate prima. Il lessico è in genere intellegibile: significante e significato si coniugano nella normalità della significazione e comunque la predilezione per l’uso metaforico della parola non impedisce l’immediata comprensione dei versi, che si caricano di quella pregnanza semantica che solo la poesia nella sua sintesi espressiva riesce a creare: … E divengo aquila, mi sciolgo / nel vento e un’aria leggera / avvolge d’incanto i miei sensi…” (Amico ti conosco, dalla silloge Celesti geometrie). Sono versi intensi che trovano nella metafora del verbo sciogliersi la parola- chiave che dà significazione a quel consustanziarsi dell’io con l’ alito amante. Anche in questa poesia prevalgono versi corti con un’epifora che crea una rima baciata: …l’alito amante /… l’antico amante” e qualche assonanza, come quella presente tra l’ultimo verso della seconda terzina e il primo verso della strofa successiva: “capirti vorrebbe come intendi. // Ma rovina nelle cose terrestri…”
La stessa maturità artistica è rilevabile nella silloge Un giorno come mille anni (in “Alcyone 2000 – Quaderni di poesia e studi letterari” n°7, 2014). La lirica In riva al mare consente di rilevare l’evolversi progressivo dello stile della poetessa, che adesso abbandona l’arduo metaforismo analogico-comparativo per tornare a una sorta di “aurea mediocritas” di oraziana memoria, attraverso l’immediata intellegibilità del contenuto che si coniuga all’abituale e musicale versificazione, avvalendosi non solo degli ictus di versi, ma anche di rime (“…amare / …cullare”: rima baciata) ed assonanze (“…onde / … coorte; …giovane / …mare…”). La risacca del mare ha la stessa funzione della madeleine proustiana, infatti risveglia nella mente della poetessa varie figure, tante estati trascorse. E’ un regalo del mare che l’ama e nel suo amore con i ricordi le ridona la gioventù. In particolare nel componimento E’ tempo la religione e la prevalente presenza di Dio diventano esigenza di semplicità linguistica e di armonia creativa, facilmente rilevabili dal lettore, pur non mancando l’abilità costruttiva della versificazione e l’uso scaltrito della parola.
Anche la lirica San Giusto è caratterizzata dal cadenzante ritmo dei versi, da una quasi rima tra l’ultimo verso della prima terzina e il secondo del distico successivo: “… Duomo / …idioma …”, oltreché da qualche assonanza; “…amo sostare / … / rintoccano le campane…”. Notevole è l’effetto fonico-ritmico ottenuto attraverso il ripetersi dei verbi “rintoccano” e “toccano” che non solo creano una rima interna, ma acquisiscono anche un valore fono-espressivo grazie alla carica emotiva che il morfema “toc” in essi contenuto esplica, richiamando l’onomatopeico toc, toc delle campane.
Quanto suddetto è rivolto ad evidenziare, nel persistente carattere esistenziale-evocativo del contenuto, l’evolversi della specificità linguistico-espressiva della poesia di Marinella Cossu.