Oltre il corso delle sere,
raggiante e fatale
come ninfa di Zeus,
indolente sorride,
la Città più non fluttua.
Dalla sua superficie
trae un po’ di suono;
esagera l’oscuro
che vedi in me.
E’ l’oscuro di Venezia
e il mio interno è in lei,
sguardi teneri
caduti negli specchi
d’acque in crescita.
Ma ora guardo indietro –
ed è meraviglia –
come mi sembri, mia giovinezza,
di colori non mia, di sembianze irreale,
come il velo
traslucido dell’onda
fra me e te,
tutto ciò che non so più dire
o forse soltanto: silenzio d’amore.
Menzione Speciale con Diploma d’Onore per “Le Sirene e gli Inverni” »
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